Come avete potuto ormai notare da qualche mese, ora tutti i parlamentari del PDL, si spremono le meningi nel criticare la legge Severino, quella che prevede l'incandidabilità dei pregiudicati, tacciandola di incostituzionalità, quando si applica a reati commessi prima dell'entrata in vigore.
La prima cosa che viene da rimarcare è: ma dove diavolo erano questi, quando hanno approvato la legge, visto che l'hanno votata? Che l'abbiano votata a loro insaputa? Possibile che questi giureconsulti non si accorgano di votare un provvedimento anticostituzionale al momento del voto, ma solo quanto c'incappa il loro leader?
Passi che a volte fanno leggi che vanno contro la Costituzione in qualche articolo, in questi casi se è palese l'incostituzionalità il Presidente della Repubblica ci mette una pezza, negando la promulgazione, molte altre volte, quando l'incostituzionalità è celata in qualche risvolto della legge, ci pensa invece la Corte Costituzionale, interessata, in genere, da giudici durante i relativi processi. È una cosa ormai del tutto naturale che ogni anno la Corte Costituzionale annulli articoli di legge o parti di essi.
Ma la cosa che fa ridere anche i polli dei Paesi Stranieri, che abbiano seguito la disputa, è che quelli che hanno votato la legge solo 9 mesi fa, ora dicono di aver votato una legge palesemente incostituzionale in quanto non dovrebbe essere applicabile a reati commessi prima dell'entrata in vigore.
Se poi andaste a leggere le cronache di allora potreste vedere che accelerazione ci fu nella sua approvazione al fine di farla andare in vigore già dal 2013, contro la versione originale che la voleva vigente dal 2018 (probabilmente per far continuare a delinquere altri 5 anni). Alla fine però, con soddisfazione di tutti i parlamentari (sicuramente anche per il sentore che c'era nell'aria della “rivoluzione” antipolitica che stava arrivando), fu approvata e andò in vigore già dalle successive elezioni.
Ma se la legge fosse stata fatta per chi commetteva reati dal 2013, quanto avremmo dovuto aspettare finché i processi di tali reati fossero passati in giudicato? Ve l'immaginate con la rapidità attuale della giustizia? Forse almeno altri 7-8 anni, e nel frattempo questi li avremmo avuti in Parlamento ancora così a lungo.
Quindi la ratio di questa legge dovrebbe essere abbastanza chiara: impedire da subito che i condannati siano candidabili.
Ed ora sulla retroattività.
Un esempio un po' paradossale.
Mettiamo che lo Stato non simpatizzi con i tatuati. Il 1° gennaio fa una legge che dice che i tatuati non possono ricoprire cariche pubbliche e rende il tatuaggio fuorilegge, perseguendo chi si tatua. Cosa succede a chi si è già tatuato prima del 1° gennaio?
Non è perseguibile penalmente in quanto la legge penale non può essere retroattiva (verrà perseguito solo chi si tatuerà dopo). Ma la scelta dello Stato di non far ricoprire cariche pubbliche a questa categoria di persone non dipenderà da quando è stata approvata (infatti si tratta di una qualità che lo Stato non vuole tra i suoi dipendenti, e non di una pena in più che infligge a chi è tatuato). ma prescrive che nei suoi uffici non vuole che circoli gente tatuata.
Ritornando con i piedi per terra, lo Stato non vuole pregiudicati nel suo Parlamento (né nelle altre amministrazioni) né passati né attuali (finalmente!) e perciò a un certo punto ha deciso in tal senso. Tra l'altro non si tratta neanche di una condanna a vita, in quanto il nostro ordinamento giudiziario (e la legge Severino stessa) prevede la riabilitazione: dopo un certo numero di anni è possibile richiedere la riabilitazione (se ci si è comportati bene) e se la si ottiene si diventa di nuovo candidabili.
E sia ben chiaro che quanto ho detto non è frutto della mia fantasia, infatti io ho cercato solo di rendere più comprensibile quanto dicono illustri costituzionalisti e, più importante, il Consiglio di Stato (in pratica l'equivalente della Cassazione del giudizio amministrativo) che ha già deliberato in merito ad un ricorso sulla retroattività della legge Severino.
Infatti un candidato alle elezioni regionali del 24-25 febbraio 2013 nel Molise è stato ritenuto non candidabile dall'Ufficio Elettorale in quanto condannato definitivamente, per uno dei reati previsti dalla Legge Severino, in data 19.12.2001 (sì, avete letto bene: duemilauno!). Il candidato ha fatto ricorso al TAR del Molise che gli ha dato torto, ha quindi adito il Consiglio di Stato che ha ribadito la sentenza del TAR.
Potete scaricarla e leggerla direttamente dal soprascritto link se siete un po' avvezzi nel linguaggio legale.
In pratica il Consiglio di Stato dice che l'applicabilità della legge in questione con sentenze precedenti “non si pone in contrasto con il dedotto principio, ricavabile dalla Carta Costituzionale e dalle disposizioni della CEDU [Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo], dell’irretroattività delle norme penali e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive” in quanto “non solo non si tratta affatto di misure di natura sanzionatoria penale, ma neppure di sanzioni amministrative o di disposizioni in senso ampio sanzionatorie”. “La condanna stessa viene, quindi, configurata alla stregua di "requisito negativo" o “qualifica negativa” ai fini della capacità di partecipare alla competizione elettorale e di mantenere la carica”. Dal carattere non sanzionatorio della norma “discende il corollario della non pertinenza del riferimento all’esigenza di addivenire ad un’interpretazione compatibile con le disposizioni dettate dall’art. 25 Cost., in materia di sanzioni penali, e dall’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”. In pratica tale norma non è in contrasto con l'articolo della Costituzione che parla della non retroattività della legge, né con la Convenzione Europea che ribadisce nella sua Carta tale non retroattività.
Insomma leggetevela voi stessi; anzi sarebbe meglio che se la leggessero quanti continuano a gridare all'illegalità.